22 maggio 2009

Archiluce

Ad Alessandro Mauro
Essenza dispergente di bianco vuoto
convesso come sesso di donna
fatto di vetro cobalto in una ribalta di visioni.
Questo ho veduto nel fluente neoplasma di cemento
a tagliare in due col bianco il grigio,
la bianca luce che vaglia
archivolti di latte in trafori di vetro retto.

Muri e soffitti trafitti da lance e lamelle
lungo camminamenti d’ardesia
per un minimo duello.

Magismo di spazio
ove perdere l’astruso,
l’arsura del classico e della pompa,
perdendosi in una nuova luce materna:
trasparente ventre d’un paradiso a giorno
in ampie raggiere d’architettonica metrica.

Metro di profondi tagli di tacco sulla pietra,
lungo lacerazioni di linee grigie
per le chiarìe di maggio.

Post-moderne rocche d’estri bislacchi
in curvature di gote,
sotto curvilinei pensieri
in un cogito di luce viziosa
che vizia la vista,
trapassando il fantangolo, il circocentro e l’orgasmico,
il silenzio d’una consonanza termica.

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