12 settembre 2011

Katàbasi [poemetto, 2009]

Desidero fogli in cui specchiarmi
con gli occhi fissi nei ricordi
a scrutare i mille guardi del tempo
e l’albero d’ulive sparuto sul dirupo
che serba i miei segreti e ruba i miei affanni.

Fiato stanco di scriba con una penna in mano
e una Katàbasi nell’altra
e fra le lenzuola la mia regina
nata su una pietrame infuocata dal sole
su cui piantare frodi smosse dal vento.

Odo ogni goccia di pioggia dell’oggi,
i diluvi del domani,
folle in figure di passo
sopra sabbie carezzate da serpenti.

Ma una coda mozza nella mente
di chi non ama
scombina il passo di chi ama il mondo,
portando fiori di buio
ai lupi sorti dal profondo.

Strappo il foglio
e sul mio capo gocciole di pioggia
e di sangue zitto,
cadenti in vertigine dal costato
mentre invoco la Katàbasi:
lanterna che illumina
le spine che le mie ginocchia
incontrano sul fossato.

Il viaggio continua
e decanto rime
che pungono gli astanti:
nembi satolli di segreti sacelli.

Mi concedo una sosta
e sul mio capo improvvisamente
una corona di carta, di rime, di sale,
solitudine che vuole sognare.

Il giorno dunque è ferito,
cado dallo scranno
e scrivo sul duro pavimento
il vangelo dei miei trascorsi anni.

Crepita il fuoco dell’inganno,
mischiato a minacce
di cui si alimenta il saggio,
che per la sera in città
indossa maschere di facce.

Quante tresche sorgono
quando il rumore dell’erba muore
e si ricamano menzogne
quando il tuo corpo di amante
cerca la notte
e le metriche d’ombra
che con pazienza creo
come azzardi d’amore
contro l’ingorgo dei tremori.

Non voglio, non posso tremare
devo affogare in me
le nebule del pensare,
oltre-passare poi il diluvio dell’esistere,
i risvolti della mente
per dar vita a una mascherata che non sente.

Troppe maschere affamate di me
velano la mia memoria,
sfuggendo agli sguardi,
alle sieste che si aprono al sonno.

Chiudo le finestre
e le strade diventano scure,
le chiese chiudono,
i boschi si agitano,
le baie affondano,
le montagne franano,
i fiumi si asciugano,
gli abissi si schiudono,
mentre io bevo l’ultima nuvola
giocando a scacchi contro la stasi,
comincia una nuova Katàbasi.
GRAZIE PER AVER VISITATO Katàbasi

"Come altri Dio, io cerco gemendo me" (G. B.)

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