26 novembre 2009

A Rosalia Lombardo (1918-20)

Dormi dormi bella mia, morticino di papà,

dormi bene nella notte, sogni giorni più felici
nel sorriso della notte.

Dormi dormi bella mia fra le grinfie della notte,
dormi bene con i vermi, gioca gioca con la morte
corpicino senza vita, creatura della morte.

Non v'è luce nella tomba solo vermi senza passo
con i quali fare a botte.

Guarda bene corpicino, i tuoi pensieri nel profondo
del tuo grande sonno fondo.

Vanno avanti i giorni lenti sul tuo corpo pien di sonno
sul guanciale della morte dalla forma tonda tonda
lungo il corso del silenzio.

Senza fiacca il sonno tondo
torna sempre ogni giorno a far leva sul tuo corpo
e sul tuo viso rosa e sano
dalle larve mai sfiorato.

Dormi dormi, dormi bene, dormi bene in eterno
senza croci lacrimando, lacrimando contro il sonno
nella bara pien di raso e sulla chioma biondo-rame quel sigillo fiocco rosa.

Scritta anni fa in occasione della prima visita al "Convento dei Cappuccini" di Palermo

29 settembre 2009

Questionario Proust (le mie risposte)

Questionario sulla falsariga di quello a cui rispose Proust nel 1885 sull’album di Antoinette Faure. Nello specifico le domande che seguono sono quelle proposte nel 1986 da IL MESSAGGERO a Gesualdo Bufalino.

1. Qual è il colmo della miseria?
Far passare i propri cenci per un abito alla moda in una sfilata pret à porter.

2. Dove le piacerebbe vivere?
A Providence al 66 di College Street.

3. Il suo ideale di felicità terrena?
Una Torre di Babele stracolma di tutti i libri del mondo e di tutti i tempi.

4. Per quali errori ha più indulgenza?
Per gli errori da cecità amorosa.

5. Qual è il suo personaggio storico preferito?
Giacomo Casanova.

6. I suoi pittori preferiti?
Caravaggio, Bosch, Friedrich, Fussli, Goya, Munch, Lorenzo Alessandri, Zdzislaw Beksinski, Giger.

7. I suoi musicisti preferiti?
Paganini, Chopin, Liszt, Beethoven, Erich Zann, Battiato, Simonetti, Morricone.

8. I suoi registi preferiti?
Argento, Mario Bava, Leone, Fulci, Fellini, Tornatore, Chaplin, Hitchcock, Kubrick, Bergman, Polanski, Lynch, Burton, Tarantino.

9. Quale qualità predilige in un uomo?
La creatività e la cultura.

10. Quale qualità predilige in una donna?
Il sapere intrigare.

11. Quale sport pratica?
La psicospeleologia.

12. Sarebbe capace di uccidere qualcuno?
Con l’indifferenza e le parole sì, specie chi non merita la mia stima.

13. Qual è la sua occupazione preferita?
Pensare-leggere-scrivere. Pensare l’inusitabile, sperdermi nelle cose che leggo, scrivere ciò che sogno.

14. Chi le sarebbe piaciuto essere?
Null’altro che me stesso. Ma se devo fare un nome, direi Edgar Poe, oppure, un Arcangelo scalcinato…

15. Qual è il tratto distintivo del suo carattere?
Una saturnina tendenza al meraviglioso.

16. Che cosa apprezza di più nei suoi amici?
La sincerità, anche riguardo le piccole cose.

17. Qual è il suo principale difetto?
Non saprei. Forse poco diplomatico.

18. Qual è la prima cosa che la colpisce in una donna?
Le movenze.

19. Qual è il colore che preferisce?
Il blu cobalto.

20. Qual è il suo fiore preferito?
La rosa canina.

21. Quali scrittori preferisce?
Hoffmann, Poe, Lovecraft, Dostoevskij, Kafka, Tarchetti, Landolfi, Bufalino.

22. Quali poeti?
Poe, Baudelaire, Rimbaud, Mallarmé, Pessoa, Lucio Piccolo, Ungaretti, Zanzotto, Bufalino.

23. Quali sono i suoi eroi nella vita reale?
Chi ha il coraggio di sacrificare molte cose per la propria arte.

24. Quali sono i suoi nomi preferiti?
Ferdinando, Edgardo, Gesualdo, Ermanno, Samara, Elisea.

25. Che cosa, più di tutto, detesta?
Il pressappochismo e la mediocrità.

26. Quale talento naturale le piacerebbe possedere?
Qualsivoglia percezione extrasensoriale.

27. Crede alla sopravvivenza dell’anima?
Sì, quella impressa nelle opere d'arte.

28. Di che morte vorrebbe morire?
Di crepacuore con la penna ben salda nel pugno scrivendo il mio ultimo canto.

03 giugno 2009

Al di là d'un altrove

Al di là d'un altrove,
oltre il muro del sonno,
fiori di fuoco e fiori di luce
sul soglio dell'abisso,
oltre il quale la tua voce
si placa sul placido sudario,
in lei purezza perenne
intrecciata nei canti,
nei gesti solenni.

Eterea

Rosei e dolenti i piedi di Eterea
calpestano corpi decomposti,
mentr'ella nel pugno stringe
la certezza di chi l'ama,
il pianto di chi vaga,
il capo di chi trapassa,
donando baci di sasso,
stringendo nell'altro pugno
quel vecchio crocefisso.

Vita e sospiri

Vita e sospiri
eterni senza sonno,
perendo nelle mie membra
e nei nervi del sentire,
vanno incontro alla stagione dei profumi
sulle ali di corvo, mentre alberi si contorcono
nell'universo vittorioso di luminarie impazzite.

Berrò il tuo sangue

Berrò il tuo sangue stanotte
e poi la tua luce, il respiro imbelle
nelle foschie nere del nostro destino,
querula infernale, mia stella,
sposa di neri veli e veleni nei tuoi capelli.

26 maggio 2009

Plumbeo

Mi disperdo nel plumbeo:
nettare d'un destino
fatto di grevi giri di solitudine
allo sfumar della luce.
Pronto a contemplar sepolcri di visioni
e baratri d'anti-tempo,
dinanzi a misteri senza volto
dal blando ritmo d'una musicale mestizia.

25 maggio 2009

Polvere di parole

Quante ascendenze ho sognato,
lotte ingaggiate con maschere,
insidie sadiche nate da nidi sterili,
mentre sui tuoi seni madidi
il mio cuore annegava.

Quante mescolanze di sangue,
possessioni di profetici tarocchi,
verità dagl'occhi di specchio
ho soffocato nella polvere del tempo.

Quanta polvere di parole
sul foglio del tempo,
bramando sogni in un labirinto
ove piantare semi di carne.

I.






- Il mio ideale di felicità sta in ciò che faccio, il mio malcontento pure.

Dalla raccolta "Le apocalissi del malcontento" di Emiliano E. Zammitti

22 maggio 2009

Il Re e l'Angelo

Sentiero di sangue
sull’androgena fronte del Re
e sulla cinerea pelle dell’Angelo,
come lama
sin dentro gli arcani della tua solitudine.
Occhi dolci di strazio,
molle corpo di bambola
sotto l’oblio grigio di nembi
squarciando il cielo di latte:
altopiano bianco
su cui giumenta cavalca
ribollendo come spuma.
Strappo una piuma
che rugge, regge la vita urlando.
Prego, per aver osato
far scacco al Re,
alle lune di piume,
culminanti in sismi
e piogge di fuoco nel mio cuore,
che pur rotto serba trucchi
che l’Angelo mangiando il Re mi svelò,
scoprendo il talamo di carta
su cui dormire.
Svegliando quell’uomo
che scambiò i miei tormenti
con parole d’oro.

Intranebbia

Immobile, qui sto, come un baco sul balcone
mentre lenta s’immilla l’attesa
per la rivalsa furiosa d’ombre,
dietro maschere di nebbie e sabbie
dolci come ilarotragedie nella mente,
inghiottendo nebbia a sfinirmi
sino a riempirmene i polmoni.

Tesso sogni e drammi, tessere d’enimmi,
frattanto afasie bastarde come ciarle
crescono in me, sfatando visioni
del mio universo che brucia
come brucia la luce estiva di passo.
Io, sfinito, pronto a divenire luce
per essere notte che sempre intesi.

Notte d’otto colonne sogno,
sprigionando inchiostro in stasi di lume,
a illuminare stagioni
di rondò in do maggiore.

E ora, solo, sull’orlo della fine,
con un sole di cura nel cuore,
ripenso a quel volo sullo strapiombo
a gridar: “Io sono la nebbia, la foglia
non più verde, cosciente d’esser già morta”.

Signor Riverbero

Riverberi di spazi mobili
governano sogni sporchi d’oppio
mentre frodi da viaggio
spingono la mia mente
verso fuochi di ghiaccio.

Figure geometriche
stillano sul mio corpo
frattanto la coscienza mia
sospesa vacilla.

Vedere non voglio,
non posso per non cadere
nel vortice di buio fosso,
nel passo del buio inganno.

Ed io sorseggio con gusto la luce del cosmo
vergando risme
per dilatar le pupille stanche
e i miei stanchi polmoni
respirando e vedendo ciò che m’è proibito.

Stille d’inconoscibile e fuoco
dischiudono in me segreti pagani,
roveti di volti, rovelli d’avelli.

Signor Riverbero, ti prego,
abita il mio cuore,
le mie stanche membra,
purché da oggi in avanti
io possa abitare i Vostri sogni.

Archiluce

Ad Alessandro Mauro
Essenza dispergente di bianco vuoto
convesso come sesso di donna
fatto di vetro cobalto in una ribalta di visioni.
Questo ho veduto nel fluente neoplasma di cemento
a tagliare in due col bianco il grigio,
la bianca luce che vaglia
archivolti di latte in trafori di vetro retto.

Muri e soffitti trafitti da lance e lamelle
lungo camminamenti d’ardesia
per un minimo duello.

Magismo di spazio
ove perdere l’astruso,
l’arsura del classico e della pompa,
perdendosi in una nuova luce materna:
trasparente ventre d’un paradiso a giorno
in ampie raggiere d’architettonica metrica.

Metro di profondi tagli di tacco sulla pietra,
lungo lacerazioni di linee grigie
per le chiarìe di maggio.

Post-moderne rocche d’estri bislacchi
in curvature di gote,
sotto curvilinei pensieri
in un cogito di luce viziosa
che vizia la vista,
trapassando il fantangolo, il circocentro e l’orgasmico,
il silenzio d’una consonanza termica.

Trapunto di parole

Trapunto di parole spingo il mio passo
sul limitare del fosso,
seguendo con lo sguardo
gocciola che brama fiore, guglia,
mari di foglie.

Di essere albero, vi dico, per scrutare
quel guardo sognare.
D’esser ponte, vi dico, per stare
sopra giorni di neri ragguagli.

Guardando luna che infonde bisticci,
baciando la mia fronte, carezzando terricci,
chiome e labbra sul morir della sera
abbagliando foglio che sa solo tremare.

Le mani del tuo pensiero

Frondose le mani del tuo pensiero
lambiscono il mio corpo
serrando le bocche delle strie
e i fiacchi occhi del moribondo,
rivolti alle ignote vie delle Possanze.

Assediato da venture in frastuono
con passo deciso
oltrevarco ignote presenze.

Sospirando agli spiriti della notte
sulle spoglie cime del vivere,
sotto un’arco-tempo, rammentando
di volere vivere
sul corpo d’una donna.

E di tra le mie labbra
e sulle bocche impazzite
sapori di baci merlettati
come l’ornato nelle mie novelle.

Baci e baci di vento morsicante
sui marci portici d’una rocca
ove restare
come naufrago nella secca,
per poi sul giaciglio d’acre parole
perorare un amore,
mutato in alimento da trangugiare
per peccare e poi morire.

L'assente

Sazio di invaghimenti,
attraverso trasalimenti
trasvolo, e con me fantasima furia,
finché fluvide nequizie
si saziano della mia memoria
dinanzi alla luculenta polvere
viva in un velame di bruma,
trasparente come visioni
di cose profonde o di città fantasma,
perdute nel tempo,
nell’ora presente,
come me assente che sente.

Mi disincarno sangue

Mi disincarno sangue,
m’immergo nel fango
e mi disincastro dalla luce che langue
sprofondando nel sale
col cuore incenerito dagl’anni,
ricordando la madre
dal guardo di rosa
venuta a rapirmi,
come un’ombra
a strapparmi le membra.
GRAZIE PER AVER VISITATO Katàbasi

"Come altri Dio, io cerco gemendo me" (G. B.)

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