Mi disperdo nel plumbeo:
nettare d'un destino
fatto di grevi giri di solitudine
allo sfumar della luce.
Pronto a contemplar sepolcri di visioni
e baratri d'anti-tempo,
dinanzi a misteri senza volto
dal blando ritmo d'una musicale mestizia.
26 maggio 2009
25 maggio 2009
Polvere di parole
Quante ascendenze ho sognato,
lotte ingaggiate con maschere,
insidie sadiche nate da nidi sterili,
mentre sui tuoi seni madidi
il mio cuore annegava.
Quante mescolanze di sangue,
possessioni di profetici tarocchi,
verità dagl'occhi di specchio
ho soffocato nella polvere del tempo.
Quanta polvere di parole
sul foglio del tempo,
bramando sogni in un labirinto
ove piantare semi di carne.
lotte ingaggiate con maschere,
insidie sadiche nate da nidi sterili,
mentre sui tuoi seni madidi
il mio cuore annegava.
Quante mescolanze di sangue,
possessioni di profetici tarocchi,
verità dagl'occhi di specchio
ho soffocato nella polvere del tempo.
Quanta polvere di parole
sul foglio del tempo,
bramando sogni in un labirinto
ove piantare semi di carne.
I.
- Il mio ideale di felicità sta in ciò che faccio, il mio malcontento pure.
Dalla raccolta "Le apocalissi del malcontento" di Emiliano E. Zammitti
Etichette:
Aforisimi & Criptopensieri
22 maggio 2009
Il Re e l'Angelo
Sentiero di sangue
sull’androgena fronte del Re
e sulla cinerea pelle dell’Angelo,
come lama
sin dentro gli arcani della tua solitudine.
Occhi dolci di strazio,
molle corpo di bambola
sotto l’oblio grigio di nembi
squarciando il cielo di latte:
altopiano bianco
su cui giumenta cavalca
ribollendo come spuma.
Strappo una piuma
che rugge, regge la vita urlando.
Prego, per aver osato
far scacco al Re,
alle lune di piume,
culminanti in sismi
e piogge di fuoco nel mio cuore,
che pur rotto serba trucchi
che l’Angelo mangiando il Re mi svelò,
scoprendo il talamo di carta
su cui dormire.
Svegliando quell’uomo
che scambiò i miei tormenti
con parole d’oro.
sull’androgena fronte del Re
e sulla cinerea pelle dell’Angelo,
come lama
sin dentro gli arcani della tua solitudine.
Occhi dolci di strazio,
molle corpo di bambola
sotto l’oblio grigio di nembi
squarciando il cielo di latte:
altopiano bianco
su cui giumenta cavalca
ribollendo come spuma.
Strappo una piuma
che rugge, regge la vita urlando.
Prego, per aver osato
far scacco al Re,
alle lune di piume,
culminanti in sismi
e piogge di fuoco nel mio cuore,
che pur rotto serba trucchi
che l’Angelo mangiando il Re mi svelò,
scoprendo il talamo di carta
su cui dormire.
Svegliando quell’uomo
che scambiò i miei tormenti
con parole d’oro.
Intranebbia
Immobile, qui sto, come un baco sul balcone
mentre lenta s’immilla l’attesa
per la rivalsa furiosa d’ombre,
dietro maschere di nebbie e sabbie
dolci come ilarotragedie nella mente,
inghiottendo nebbia a sfinirmi
sino a riempirmene i polmoni.
Tesso sogni e drammi, tessere d’enimmi,
frattanto afasie bastarde come ciarle
crescono in me, sfatando visioni
del mio universo che brucia
come brucia la luce estiva di passo.
Io, sfinito, pronto a divenire luce
per essere notte che sempre intesi.
Notte d’otto colonne sogno,
sprigionando inchiostro in stasi di lume,
a illuminare stagioni
di rondò in do maggiore.
E ora, solo, sull’orlo della fine,
con un sole di cura nel cuore,
ripenso a quel volo sullo strapiombo
a gridar: “Io sono la nebbia, la foglia
non più verde, cosciente d’esser già morta”.
mentre lenta s’immilla l’attesa
per la rivalsa furiosa d’ombre,
dietro maschere di nebbie e sabbie
dolci come ilarotragedie nella mente,
inghiottendo nebbia a sfinirmi
sino a riempirmene i polmoni.
Tesso sogni e drammi, tessere d’enimmi,
frattanto afasie bastarde come ciarle
crescono in me, sfatando visioni
del mio universo che brucia
come brucia la luce estiva di passo.
Io, sfinito, pronto a divenire luce
per essere notte che sempre intesi.
Notte d’otto colonne sogno,
sprigionando inchiostro in stasi di lume,
a illuminare stagioni
di rondò in do maggiore.
E ora, solo, sull’orlo della fine,
con un sole di cura nel cuore,
ripenso a quel volo sullo strapiombo
a gridar: “Io sono la nebbia, la foglia
non più verde, cosciente d’esser già morta”.
Signor Riverbero
Riverberi di spazi mobili
governano sogni sporchi d’oppio
mentre frodi da viaggio
spingono la mia mente
verso fuochi di ghiaccio.
Figure geometriche
stillano sul mio corpo
frattanto la coscienza mia
sospesa vacilla.
Vedere non voglio,
non posso per non cadere
nel vortice di buio fosso,
nel passo del buio inganno.
Ed io sorseggio con gusto la luce del cosmo
vergando risme
per dilatar le pupille stanche
e i miei stanchi polmoni
respirando e vedendo ciò che m’è proibito.
Stille d’inconoscibile e fuoco
dischiudono in me segreti pagani,
roveti di volti, rovelli d’avelli.
Signor Riverbero, ti prego,
abita il mio cuore,
le mie stanche membra,
purché da oggi in avanti
io possa abitare i Vostri sogni.
governano sogni sporchi d’oppio
mentre frodi da viaggio
spingono la mia mente
verso fuochi di ghiaccio.
Figure geometriche
stillano sul mio corpo
frattanto la coscienza mia
sospesa vacilla.
Vedere non voglio,
non posso per non cadere
nel vortice di buio fosso,
nel passo del buio inganno.
Ed io sorseggio con gusto la luce del cosmo
vergando risme
per dilatar le pupille stanche
e i miei stanchi polmoni
respirando e vedendo ciò che m’è proibito.
Stille d’inconoscibile e fuoco
dischiudono in me segreti pagani,
roveti di volti, rovelli d’avelli.
Signor Riverbero, ti prego,
abita il mio cuore,
le mie stanche membra,
purché da oggi in avanti
io possa abitare i Vostri sogni.
Archiluce
Ad Alessandro Mauro
Essenza dispergente di bianco vuoto
convesso come sesso di donnafatto di vetro cobalto in una ribalta di visioni.
Questo ho veduto nel fluente neoplasma di cemento
a tagliare in due col bianco il grigio,
la bianca luce che vaglia
archivolti di latte in trafori di vetro retto.
Muri e soffitti trafitti da lance e lamelle
lungo camminamenti d’ardesia
per un minimo duello.
Magismo di spazio
ove perdere l’astruso,
l’arsura del classico e della pompa,
perdendosi in una nuova luce materna:
trasparente ventre d’un paradiso a giorno
in ampie raggiere d’architettonica metrica.
Metro di profondi tagli di tacco sulla pietra,
lungo lacerazioni di linee grigie
per le chiarìe di maggio.
Post-moderne rocche d’estri bislacchi
in curvature di gote,
sotto curvilinei pensieri
in un cogito di luce viziosa
che vizia la vista,
trapassando il fantangolo, il circocentro e l’orgasmico,
il silenzio d’una consonanza termica.
Trapunto di parole
Trapunto di parole spingo il mio passo
sul limitare del fosso,
seguendo con lo sguardo
gocciola che brama fiore, guglia,
mari di foglie.
Di essere albero, vi dico, per scrutare
quel guardo sognare.
D’esser ponte, vi dico, per stare
sopra giorni di neri ragguagli.
Guardando luna che infonde bisticci,
baciando la mia fronte, carezzando terricci,
chiome e labbra sul morir della sera
abbagliando foglio che sa solo tremare.
sul limitare del fosso,
seguendo con lo sguardo
gocciola che brama fiore, guglia,
mari di foglie.
Di essere albero, vi dico, per scrutare
quel guardo sognare.
D’esser ponte, vi dico, per stare
sopra giorni di neri ragguagli.
Guardando luna che infonde bisticci,
baciando la mia fronte, carezzando terricci,
chiome e labbra sul morir della sera
abbagliando foglio che sa solo tremare.
Le mani del tuo pensiero
Frondose le mani del tuo pensiero
lambiscono il mio corpo
serrando le bocche delle strie
e i fiacchi occhi del moribondo,
rivolti alle ignote vie delle Possanze.
Assediato da venture in frastuono
con passo deciso
oltrevarco ignote presenze.
Sospirando agli spiriti della notte
sulle spoglie cime del vivere,
sotto un’arco-tempo, rammentando
di volere vivere
sul corpo d’una donna.
E di tra le mie labbra
e sulle bocche impazzite
sapori di baci merlettati
come l’ornato nelle mie novelle.
Baci e baci di vento morsicante
sui marci portici d’una rocca
ove restare
come naufrago nella secca,
per poi sul giaciglio d’acre parole
perorare un amore,
mutato in alimento da trangugiare
per peccare e poi morire.
lambiscono il mio corpo
serrando le bocche delle strie
e i fiacchi occhi del moribondo,
rivolti alle ignote vie delle Possanze.
Assediato da venture in frastuono
con passo deciso
oltrevarco ignote presenze.
Sospirando agli spiriti della notte
sulle spoglie cime del vivere,
sotto un’arco-tempo, rammentando
di volere vivere
sul corpo d’una donna.
E di tra le mie labbra
e sulle bocche impazzite
sapori di baci merlettati
come l’ornato nelle mie novelle.
Baci e baci di vento morsicante
sui marci portici d’una rocca
ove restare
come naufrago nella secca,
per poi sul giaciglio d’acre parole
perorare un amore,
mutato in alimento da trangugiare
per peccare e poi morire.
L'assente
Sazio di invaghimenti,
attraverso trasalimenti
trasvolo, e con me fantasima furia,
finché fluvide nequizie
si saziano della mia memoria
dinanzi alla luculenta polvere
viva in un velame di bruma,
trasparente come visioni
di cose profonde o di città fantasma,
perdute nel tempo,
nell’ora presente,
come me assente che sente.
attraverso trasalimenti
trasvolo, e con me fantasima furia,
finché fluvide nequizie
si saziano della mia memoria
dinanzi alla luculenta polvere
viva in un velame di bruma,
trasparente come visioni
di cose profonde o di città fantasma,
perdute nel tempo,
nell’ora presente,
come me assente che sente.
Mi disincarno sangue
Mi disincarno sangue,
m’immergo nel fango
e mi disincastro dalla luce che langue
sprofondando nel sale
col cuore incenerito dagl’anni,
ricordando la madre
dal guardo di rosa
venuta a rapirmi,
come un’ombra
a strapparmi le membra.
m’immergo nel fango
e mi disincastro dalla luce che langue
sprofondando nel sale
col cuore incenerito dagl’anni,
ricordando la madre
dal guardo di rosa
venuta a rapirmi,
come un’ombra
a strapparmi le membra.
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GRAZIE PER AVER VISITATO Katàbasi

"Come altri Dio, io cerco gemendo me" (G. B.)
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