Ad Alessandro Mauro
Essenza dispergente di bianco vuoto
convesso come sesso di donnafatto di vetro cobalto in una ribalta di visioni.
Questo ho veduto nel fluente neoplasma di cemento
a tagliare in due col bianco il grigio,
la bianca luce che vaglia
archivolti di latte in trafori di vetro retto.
Muri e soffitti trafitti da lance e lamelle
lungo camminamenti d’ardesia
per un minimo duello.
Magismo di spazio
ove perdere l’astruso,
l’arsura del classico e della pompa,
perdendosi in una nuova luce materna:
trasparente ventre d’un paradiso a giorno
in ampie raggiere d’architettonica metrica.
Metro di profondi tagli di tacco sulla pietra,
lungo lacerazioni di linee grigie
per le chiarìe di maggio.
Post-moderne rocche d’estri bislacchi
in curvature di gote,
sotto curvilinei pensieri
in un cogito di luce viziosa
che vizia la vista,
trapassando il fantangolo, il circocentro e l’orgasmico,
il silenzio d’una consonanza termica.
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